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La ragazza con l'orecchino di perla - capitolo 5


di Bellastronza69
01.01.2022    |    2.840    |    8 9.9
"A meno di 100 metri dalla chiesa..."
Mi svegliai la mattina successiva, puntuale alle 7.00 del mattino.
Presi i vestiti da corsa e uscii per la mia solita oretta di corsa lungo il Tamigi.
Il sole di maggio la mattina presto non era poi così caldo, quindi scelsi di mettere una maglia termica sopra la solita maglietta a mezza manica.

Dopo una discreta sudata, tornai a casa, mi feci una doccia e guardai il calendario di Teams. La giornata di oggi era estremamente tranquilla, avrei avuto solo un paio di chiamate nel tardo pomeriggio, per il resto dovevo solo terminare delle presentazioni per un cliente e finire di redigere un business plan.
Il mio lavoro, per quanto ben pagato, in realtà non era il lavoro più attivo del mondo.
Ero un consulente per una delle più grandi compagnie di consulenza manageriale al mondo, lavoro che riusciva a fruttarmi quasi centomila sterline l’anno.

“Perfetto” pensai.
Indossai corpetto, perizoma e autoreggenti ed attaccai al lavoro.
Verso le dieci e trenta mi alzai dalla sedia della scrivania per andare a farmi un caffè, quando suonarono al citofono.
Alzai il citofono e risposi. “Chi è?”
“Corriere, c’è da firmare”
“Merda” pensai.
“Arrivo, un minuto” risposi.
Mi infilai i pantaloni di una tuta, una felpa oversize da allenamento e le scarpe da corsa e scesi nell’ingresso dell’appartamento.
Presi il pacco, firmai la ricevuta e tornai in casa.
Erano le scarpe che avevo ordinato il giorno prima. “Caspita, che velocità”.
Nemmeno il tempo di lasciare i pacchi nel soggiorno e suonarono nuovamente al citofono.
“Buongiorno signore, corriere” disse.

Scesi nuovamente e ritirai il pacco.
Era la parrucca ordinata due giorni prima.
Lo aprii e vidi che conteneva una specie di retina per capelli e, ferma su una sfera di polistirolo, la parrucca.
Lessi le istruzioni, dicevano di indossare la retina prima di indossare la parrucca e fissarla con del nastro biadesivo, che trovai incluso nella confezione, nascosto sotto il polistirolo.

Indossai la retina e attaccai il biadesivo sulla mia testa. Presi la parrucca nera e la indossai.
Sentii i capelli scendermi sulle spalle e passai la mano tra le ciocche.
Aprii il pacco con gli stivali e gli indossai. Avrei voluto indossare le décolleté, ma pensai che forse sarebbe stato meglio usarle in altre occasioni. Gli stivali con tacco 8 mi stavano perfettamente, sebbene camminarci la prima volta non fu la cosa più semplice del mondo.

Ancora una volta sentii il mio pene fare capolino dal perizoma.
Lo lasciai libero e ripresi a lavorare.
A pranzo non mangiai nulla, preferii continuare a lavorare, finché alle 15 non presi una pausa per rimettere i vestiti da uomo, visto che probabilmente mi sarei dovuto mostrare in volto.
Riposi gli stivali nella loro scatola, levai il corpetto, ma lasciai autoreggenti e perizoma.
Indossai dei Levi’s 511 e una t-shirt e una felpa con cappuccio. Ai piedi misi le solite Converse, che erano molto meno attraenti degli stivali che avevo fino a poco prima, ma era ciò che indossava Michele di solito.

Finii alle 17:00 come ogni giorno ed uscii di casa.
Feci una camminata, fino ad arrivare vicino alla cattedrale di St Paul. La terrazza di St. Paul era uno dei miei posti preferiti in tutta Londra. Entrai nella chiesa e pagai un biglietto per la terrazza.
Salii le scale a chiocciola, mentre sentivo il perizoma infilarsi nel culo ad ogni gradino che salivo.
Sentii un fuoco che mi percorreva il petto. Eccitarmi in una chiesa, con dell’intimo da troia. Questo era qualcosa che non avrei mai pensato sarebbe successo, neanche nelle più remote delle fantasie.

Arrivai sulla terrazza e ammirai tutta Londra al tramonto.
Davanti a quella immensità, il mio cuore si riempii di gioia.
Ero nella città che ho sempre amato, facevo il lavoro dei miei sogni e, soprattutto, finalmente ero libero di vestirmi da donna e stavo finalmente capendo qualcosa in più della mia sessualità.

Feci dei respiri profondi, poi tornai giù.
Uscii dalla chiesa e mi diressi verso il negozio Eat. a meno di 100 metri dalla chiesa.
Presi qualcosa da mangiare per la sera, una porzione di pigs in blankets e un tramezzino, poi uscii.

Decisi di prendere la Central Line dalla fermata di St. Paul’s, scesi quindi ad Oxford Circus. Una volta sceso, mi diressi verso casa, ma passai da H&M in Regent Street. Entrai e diedi un’occhiata alla sezione uomo. Poi mi diressi, ovviamente, al reparto donna. Un vestitino a fiori con un profondo scollo a V catturò la mia attenzione. Presi la taglia più larga senza nemmeno provarla, poi scelsi una camicetta semitrasparente, ed una gonna a tubino nera.
Mi diressi in cassa per pagare, ma i profumi attirarono la mia attenzione. Ne presi uno chiamato Santalum, per donna e pagai.

Uscii da H&M e mi diressi verso casa, purtroppo però commisi un errore.
Passai di fronte ad Agent Provocateur. Il cuore iniziò a battermi nel petto, sempre più forte.
Una parte di me avrebbe voluto rivedere Mallory quanto prima, ma un’altra parte di me aveva paura di ciò che sarebbe potuto accadere.
Entrai.
Diedi un’occhiata in giro e dopo poco mi si avvicinò una commessa.
“Serve qualcosa?”
“Mallory” avrei voluto rispondere. Ma dalla mia bocca uscì solo un timido “No no, sto dando un’occhiata”.
“Ok, perfetto” rispose lei, poi si girò e si diresse verso la cassa. Tutto ad un tratto si fermò, si voltò verso di me e disse “Aspetta. Tu sei il tizio che ha speso tutti quei soldi per la moglie! Mi ricordo, Mallory ci ha detto tutto!”
Sbiancai. 
“Tutto? In che senso?”
“Beh, sì, che ti ha convinto a comprare tutta quella roba. Sai, abbiamo un sistema di impiegati del mese. Con quella vendita, Mallory si è assicurata un bonus gigantesco per questo mese”
Sorrisi.
“A proposito, oggi non c’è? Vorrei ringraziarla, mia moglie ha adorato la lingerie.” continuai.
“È appena andata via, se vuoi posso chiamarla e dirle che l’hai cercata.”
“Mi farebbe molto piacere, grazie” risposi.
Uscii dal negozio e tornai a casa.

A casa finalmente mi tolsi gli indumenti di Michele e lasciai spazio a Paola.
Rimasi con le stesse calze e perizoma, reindossai il corpetto e poi misi la parrucca.
Aprii la scatola con le décolleté, le poggiai a terra, mi sedetti e le indossai.
Camminare con gli stivali mi richiese poco sforzo, queste sarebbero state molto più impegnative, dato che si trattava di un tacco dodici.

Indossai la camicetta appena comprata, poi infilai le gambe nella gonna a tubino.
Andai davanti al solito specchio.
Alzai lo sguardo e vidi una figura che mai avrei pensato di vedere.
Il mio corpo, grazie al corsetto di Mallory era diventato una clessidra, i tacchi mi slanciavano, facendomi arrivare al metro e novantadue e la parrucca corta mi dava quel look giovanile e sbarazzino che ho sempre cercato in tutte le donne.

Una lacrima scese lungo il mio viso. Non ero mai stata più felice.
Toc. Toc. Toc.
Qualcuno bussava alla porta. Ero terrorizzato.
Non avevo idea di chi potesse essere. Tolsi le scarpe per non fare rumore e mi avvicinai di soppiatto alla porta, per vedere dallo spioncino chi fosse.
Tolsi solo una scarpa e una voce mi bloccò.
“So che mi cercavi, eccomi qua”.
Era lei. 
Era Mallory.

Rimisi la scarpa. Mi diressi lentamente verso la porta. Le gambe ricominciarono a tremarmi, esattamente come il giorno prima.
Aprii la porta.
Mallory indossava un cappotto, completamente chiuso. I capelli ricci e neri erano completamente slegati, ai piedi aveva delle décolleté di vernice bianca con un tacco a spillo ben più alto del mio, ad occhio sembrava essere un tacco 15.
Da sotto il cappotto si potevano vedere le gambe color ebano avvolte da delle calze bianche, come se fosse una sposa giunta all’altare del mio soggiorno.
“Ho saputo che mi hai cercato, Paola” mi disse sorridente.
Venne verso di me e mi baciò.
Fu un bacio lungo e appassionato. Poggiò dapprima le sue labbra sulle mie, poi delicatamente mi infilò la lingua in gola. La sentii avvolgere la mia mentre mi toglieva il respiro. 
Fece scendere le mani sui miei fianchi e mi strinse, mentre ancora mordeva con le sue labbra le mie.
Tolse la bocca e ripresi fiato. Lei iniziò a mordermi il lobo sinistro per poi baciarmi dietro l’orecchio. Lentamente scese, alternando baci con morsi e piccole linee disegnate lungo gli incavi del mio collo con la punta della lingua.

Persi completamente il controllo. Gli occhi andarono all’indietro, la nuca si piegò, le ginocchia si avvicinarono tra loro.
Ero completamente inerme di fronte ai suoi baci.
Il mio pisello era già duro e lei sentì l’erezione nonostante avesse ancora addosso il suo cappotto nero.
Senza nemmeno aprirlo si piegò e, con la stessa lingua che pochi secondi prima era nella mia bocca, iniziò a leccare il mio cazzo partendo dalle palle.

Prima le solleticò con delicatezza usando la punta della lingua, poi allargo la bocca e ne iniziò a succhiare una, poi entrambe.
Le lasciò andare dopo pochi secondi e con la lingua iniziò a percorrere la torre di carne che avevo tra le gambe.
Movimenti lenti e precisi lungo ogni centimetro del mio cazzo.
Poi però arrivo verso il glande. Lì aumentò la velocità della lingua e iniziò a baciare e leccare lateralmente il mio pene, che non era mai stato così duro.
Alternò leccate e baci, fino a prendere il glande.
Prima diede un paio di colpi di lingua al frenulo che era ancora lì dopo venticinque anni, poi ancora agii usando solo la punta della lingua e infine baciò la cappella.
Il bacio, però, presto si trasformò.
Sentii le sue labbra che si allargavano e lentamente avvolgevano tutto il cazzo.
All’interno della bocca, la lingua continuava a muoversi e a stimolarlo finché non rimase nemmeno un centimetro scoperto. Sentii il pene scivolare giù per la laringe, mentre lei mi guardava con i suoi occhi color zaffiro.
Lentamente lasciò andare il cazzo dalla morsa della sua lingua e iniziò a sfilarlo dalla bocca, ma ormai era troppo tardi.
Venni copiosamente, tanto che dovetti tirarlo fuori più velocemente del dovuto ma ciò non bastò. Mallory era ancora accovacciata sui suoi tacchi che mi guardava fisso con quegli occhioni enormi. Con le labbra sigillate abbozzò un sorriso, si alzò e mi baciò.
Sentii la mia sborra calda entrare in bocca e scorrere in gola, mentre Mallory mi baciava con la solita foga.

Lentamente terminò il bacio e si allontanò, mentre le nostre lingue erano legate ancora tra loro da un filo di bava mista a sperma.
“Questo era l’antipasto” mi disse.
Lei chiuse la porta, rimasta aperta per tutto questo tempo, senza nemmeno girarsi, poi si diresse verso il centro della stanza.
Il cappotto nero era stretto in vita, cosa che le accentuava le forme e mi faceva viaggiare con la fantasia.
Ancora voltandomi le spalle, iniziò ad aprire il cappotto.
Primo bottone, poi il secondo, fino ad arrivare all’ultimo.
Lo lasciò cadere.
Vidi le sue gambe belle e toniche, che sembra fossero ancora più lunghe grazie ai tacchi, inguainate in un paio di calze che erano fissate ad un reggicalze anch’esso bianco.

La schiena ebano presentava la fascia posteriore di un reggiseno in pizzo bianco ma ciò che mi colpii fu la più completa assenza di mutande.
“Ti piace ciò che vedi?” disse dandomi ancora le spalle.
“Sì” dissi a mezza voce.
“Avvicinati” mi intimò lei e seguii il comando dato dalla sua voce.
Mi avvicinai, le baciai il collo ed iniziai a percorrere il solco tra le sue natiche con il cazzo ancora barzotto.

“Ferma” sussurrò lei.
Mi staccò da lei, fece tre passi avanti e si girò.
Il volto era illuminato da un sorriso bianchissimo e dai suoi occhi scintillanti.
Il reggiseno bianco le copriva il seno appena accennato ma, la vera sorpresa si trovava più in basso.
Dal pube, ricoperto da corti peli neri, partiva un pene, ben più grosso del mio, ancora moscio ma con la cappella rosa già di fuori.

“Sono come te” mi disse mentre si avvicinava a me.
Mi baciò ancora, mentre i nostri cazzi si toccavano.
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